Un Boss della letteratura americana

Bruce Barcellona ©Samara Croci

Per Luca Briasco la scintilla è nata nella biblioteca di famiglia. C’erano alcuni autori americani di suo padre e da lì ebbe inizio tutto, forse proprio con “I 49 racconti” e “Furore”.

Ha la voce profonda e solida Luca Briasco quando inizia a parlare all’incontro della libreria Arcadia di Rovereto in cui presenta il suo libro “Americana” della Minimum Fax.

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La platea si zittisce, la libreria è piccola ma piena di persone, ci spostiamo tutti un po’ più avanti, addosso a lui, per far posto agli ultimi arrivati. Lui non si scompone e la sua voce profonda e il racconto che fa dei grandi scrittori della letteratura americana ci conquista tutti. Inizia un viaggio affascinante tra libri, autori e storie dell’America contemporanea.

Prendo qualche appunto, cerco di stare dietro ad un flusso di pensieri che mai si interrompe, ma scorre, mi travolge ed esplode a tratti, proprio come un concerto del Boss, Bruce Springsteen. E Luca Briasco lo cita, cita la musica americana e il cinema che tanto hanno influenzato e affascinato, insieme alla letteratura, anche la vecchia Europa e che hanno segnato anche il suo percorso di innamoramento per la letteratura americana.

Secondo Briasco, questo è dovuto al fatto che quando nasce realmente la letteratura americana, è anche il momento della modernità, ma di una modernità contrastata alla Poe o alla Melville, che parla di spazi selvaggi in cui scappare. E’ una letteratura che ci somiglia e somiglia a ciò che siamo ancora adesso, ma ci è anche un po’ estranea (come Europei) e crea quel pizzico di straniamento che la fa risultare affascinante.

Briasco spicca il volo da un autore all’altro ma è su David Foster Wallace che continua a tornare, lo scrittore che ha dato dignità alla noia. E’ tra i suoi preferiti, anche se ne riconosce la difficoltà. “Se siete riusciti a leggere solo le prime 300 pagine di Infinite Jest, va bene, basterà ad immergersi nel mondo di Wallace”. Perché Wallace è uno di quegli scrittori in cui è sproporzionato l’equilibro tra fatica della lettura e soddisfazione che dà al lettore. “La Scopa del sistema” è un libro scorretto nei confronti del lettore. Ma lui lo adora e consiglia magari di leggere cose meno pesanti come: “Questa è l’acqua” o “Il re pallido”, “Brevi Interviste con Uomini Schifosi” o “Una cosa divertente che non farò mai più”.

Nel libro c’è anche un capitolo dedicato al postmoderno. Il suo preferito è De Lillo. Magistrale tutto quanto ha scritto fino ad “Underworld”, dopo, meno. Nei suoi libri è stato in grado di sintetizzare tutto il percorso del postmoderno con lucidità e chiarezza e raccontando la complessità americana in tutte le sue sfaccettature pur tenendo insieme il filo del racconto.

Tra gli autori realisti e minimalisti cita John Edward Williams con “Stoner” , lo scrittore della banalità, e poi dichiara la sua passione smodata per John Cheever, un autore più complesso, irrisolto e quindi più interessante, secondo lui, per le aperture che lascia nei suoi romanzi. Di Cheever cita il racconto “Il Nuotatore” in cui un uomo di colpo decide di tornare a casa nuotando attraverso tutte le piscine private dei sobborghi di una cittadina americana. E mentre il personaggio affronta questa sfida, si vede l’America ricca che ruota intorno alle piscine che il personaggio attraversa. E’ un racconto che mette insieme in modo impeccabile due registri molto diversi.

Sempre di Cheever cita il racconto “La Radio” in cui una coppia annoiata passa le giornate ad ascoltare musica classica alla radio ma si vede obbligata a sostituire la radio vecchia e rotta per una nuova. Questa però ha una particolarità, fa sentire solo le voci e le liti dei vicini. E le liti ascoltate scatenano quelle della coppia portando subito il caos in un mondo prima attutito dalla noia. E’ un mix di letteratura fantastica che irrompe in un racconto molto realistico e porta il realismo ai suoi confini. Succede anche in alcuni racconti di Carver (“Grasso”, di “Vuoi Stare Zitta per Favore”).

Anche John Edward Williams merita secondo Briasco di essere citato per la sua capacità di dare dignità al banale. Sono storie di poveracci che hanno epifanie nascoste. Per questo ha avuto più successo in Europa che negli Stati Uniti dove non funzionano le storie di poveracci.

A tratti Briasco torna a Wallace, come l’acqua che reintegra la forze e i liquidi del Boss mentre affronta i suoi concerti di 3 ore. Acqua che beve e poi spruzza a doccia su se stesso per ridarsi vita gocciolando poi addosso ai fan in delirio della prima fila, quasi come a santificarli. E anche noi li, con gli sguardi rapiti da questi frammenti di storie e dal modo in cui Briasco scivola tra un autore e l’altro.

Wallace parla della letteratura come antidoto alla solitudine. Forse include due cose, da una parte il rapporto tra scrittore e lettore, il dialogo che si instaura, e dall’altra, i rapporto tra lo scrittore e i suoi personaggi. Questo vale ovviamente solo per quegli scrittori che, come Wallace, hanno saputo costruire personaggi di un’umanità incredibile.

Anche Dubus è così. Magistrale il suo racconto in cui c’è un padre che porta fuori i figli ed è terrorizzato dal fatto che si annoino e fa di tutto per riuscire a farsi amare. Ma non ci riesce, tutto va male e i ragazzi si annoiano, ma il personaggio è così umano che noi lo difendiamo ed arriviamo ad amarlo per quello che è. In questo senso la letteratura è un antidoto alla solitudine. Perché personaggi così, ci ricordano momenti ed emozioni che viviamo anche nelle nostre vite e ci fanno sentire meno soli. Dubus, ma anche Cheever, Carver e Kent Haruf, sanno dare vita a questo tipo di personaggi.

Ma tra i 40 autori di “Americana” ci sono anche due pesi massimi che non si potevano lasciare fuori per l’impatto che hanno avuto sulla letteratura americana. Sono Philip Roth e Stephen King. Di Roth, secondo Briasco, vale la pena leggere: “Lamento di Portnoy”, “Il Teatro di Sabath”, “Pastorale Americana”, in parte “La Macchia Umana” e “Lo Scrittore Fantasma”.

Di King considera imperdibile “IT” di cui svela anche un’interessante interpretazione. La storia racconta di un entità mostruosa in stato vegetativo nelle fondamenta di una cittadina del Maine. Una banda di ragazzini riesce a sfidare e ad indebolire questa entità. Sono la tipica banda di ragazzi sfigati ma, dopo questa sfida e parziale vittoria, ognuno di loro diventa il contrario di quello che era prima ed ottengono il successo dimenticando quello che era accaduto nel Maine. Saranno richiamati tutti a tornare nel paesino per affrontare di nuovo l’entità risvegliatasi, dal loro amico e compagno afroamericano, l’unico rimasto nel paese e diventato un bibliotecario. Secondo Briasco, il romanzo rivela la natura dell’America bianca che costruisce il suo successo sull’oblio, contro la cultura afroamericana che invece custodisce la memoria. Il libro esce nel ’76 in piena era Regan, lo stesso anno in cui esce “Amatissima” di Toni Morrison (da cui è tratto il film Beloved di Jonathan Demme).

Merita anche la lettura del primo King con “Shining”, “Cristine”, “Stagioni Diverse” (La novella Il Corpo e Le Allieve) e “22 Novembre 1963” (omaggio all’omicidio di Kennedy) che dimostra quanto sia ingiusto etichettare King solo come romanziere di genere.

Ma cosa ci riserva il prossimo futuro?

“Americana” inizia con un saggio di Briasco che si intitola: “Tutte le strade portano indietro” e che nasce da una riflessione che il Manifesto gli aveva chiesto di fare sulla letteratura americana dedicata all’11 Settembre. Briasco è convinto che l’11 settembre sia un tema che, anche quando non citato esplicitamente nei romanzi, è presente. Tutti devono fare i conti con quel momento, con quell’orizzonte di riferimento. Ed osserva l’emergere di un nuovo tema nella letteratura americana: la famiglia. Quella di “Le Correzioni” di Franzen o quella del padre e figlio di “La Strada” di Mac Carthy. La famiglia tradizionalmente era qualcosa da cui, nella letteratura americana, si fuggiva perché rappresentava la civiltà. Ora, una serie di romanzi dedicati ai rapporti di famiglia sembrano indicare come il rapporto generazionale abbia acquisito una nuova forza. Un ritorno indietro appunto, con il bisogno di correggere per ripartire. E’ un’idea forte nel romanzo contemporaneo post 11 Settembre. In ogni caso malgrado l’avvicinamento di scrittori anche maschili al tema della famiglia, Briasco sottolinea come una Elizabeth Strout o una Donna Tartt (Il Cardellino) o Marilynne Robinson battano ancora un Franzen a mani basse quando si parla di raccontare i rapporti famigliari.

Ma il repertorio di Briasco, come quello di Springsteen, non può stare in un solo libro o in un concerto di 3 ore. E allora, dopo la pubblicazione di “Americana”, la Minimum Fax ha creato una pagina sul suo sito dove Briasco racconta 10 scrittori rimasti fuori dal libro come Andre Dubus con “Non abitiamo più qui” o “Padre di Inverno”.

L’incontro si conclude, come i concerti di Bruce, solo perché il tempo è proprio finito e la Siae minaccia multe. C’è la sensazione che Briasco possa andare avanti per sempre e noi saremmo li a sentirlo incantati.

Intanto io mi faccio fare un autografo, magari lo metterò vicino a quello del Boss.

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Che concerto!

Samara Croci

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2 commenti Aggiungi il tuo

  1. Agata (e la tempesta) ha detto:

    Bellissimo articolo, Samara! Grazie!

  2. Barbara Calenti ha detto:

    Ma che brava che sei!La prima persona colta della famiglia dal lato Calenti! E anche Croci. Capponi era diverso.

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